La pasta di Gragnano: storia di un’eccellenza, tra natura ed artigianalità
Spaghetti, bucatini e pappardelle. Bigoli, trofie, busiate, orecchiette, fettuccine, penne lisce o rigate.
Viviamo in Italia, il Paese della pasta. Siamo abituati ad averla in menu – modesto o stellato che sia – da quando abbiamo memoria, e non ci stupiamo più del suo sconfinato assortimento di forme e sapori. Piatto unico e democratico, ci accomuna come una vecchia amica.
La pasta al forno delle feste di Natale, quella tradizionale i cui condimenti si perdono nelle storie regionali, comunali, cittadine, casalinghe. C’è chi conserva gelosamente antichi ricettari, reinterpretando o rispettando alla lettera dosi e consigli per la preparazione della pasta fresca, semplice o all’uovo, e dei suoi sughi.
La storia del simbolo gastronomico per eccellenza si perde nell’antichità: ne cantavano la bontà Orazio ed Aristofane, quando citavano un impasto di acqua e farina, tirato e poi tagliato a strisce (le attuali fettuccine). Ne descrive minuziosamente i condimenti Apicio, autore del primo libro di cucina della storia, lasciandone intendere bontà e notorietà.
Gragnano: il paese della pasta ottiene il riconoscimento IGP
Esiste però una pasta che è “più pasta delle altre”: ha un suo logo, viene prodotta secondo rigide procedure ed è inimitabile per legge. Parliamo della pasta di Gragnano, cittadina in provincia di Napoli, che dal 2013 ha ottenuto l’indicazione geografica protetta (IGP) dal Ministero delle Politiche Agricole.
All’Articolo 2 del disciplinare si legge che la pasta di Gragnano è il prodotto ottenuto dall’impasto della semola di grano duro con acqua della falda acquifera locale. I formati immessi al consumo, diversi e tutti tipici, sono frutto della fantasia dei pastai gragnanesi.
Il disposto lascia intendere almeno due cose: la prima, è che uno dei segreti della pasta di Gragnano è la sua acqua. La seconda, è che non puoi racchiuderne l’unicità nello stilema normativo, perché è frutto della fantasia dei pastai gragnanesi. Ovvero di chi ci crede, e la produce, da secoli.
Il segreto della pasta di Gragnano: vento, mare, acqua
Il piccolo paese la produce dalla fine del 1500, ma la sua fama a livello nazionale risale al 1854, anno in cui il Re di Napoli autorizzò i pastai di Gragnano ad essere i fornitori ufficiali della Corte.
Un mix di fortuna e abilità artigiana: il torrente Vernotico, proveniente dai Monti Lattai e stretto nella Valle dei Mulini, azionava le pale che macinavano il grano e finiva come ingrediente nell’impasto di semola di grano duro, regalandogli un sapore particolare e squisito.
Le condizioni microclimatiche – vento, sole e umidità – insieme all’acqua povera di cloro della sorgente fanno sì che la pasta gragnanese sia conosciuta come la pasta più buona del mondo: ha odore di grano maturo, un sapore sapido e deciso e viene trafilata al bronzo. Ovvero sia, pressata attraverso degli stampi metallici capaci di renderne la superficie porosa e rugosa, praticamente perfetta per la mantecatura.
La pasta di Gragnano, protagonista della Spaghetteria PummaRe’
Giocare con la fantasia è una cosa seria: per questo, nella nostra Spaghetteria non poteva mancare l’omaggio ai mastri pastai di Gragnano.
Da PummaRe’ la proponiamo con tre diversi condimenti, nel rispetto della semplicità e della tradizione, perfetti per esaltarne – e non coprirne – il gusto naturale: cacio e pepe con pecorino Brunelli, carbonara con guanciale di Amatrice e con le vongole, con o senza bottarga.